(photo credit: Wikipedia)

Ogni anno, il 27 gennaio, data in cui le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, si celebra il Giorno della Memoria, una ricorrenza internazionale istituita dall'ONU nel 2005, per commemorare le vittime dell'Olocausto. Molte sono le iniziative politiche e culturali che si svolgono in tutte le città del mondo, affinché non si offuschi mai il ricordo di quanto successo.
Alla luce dei recenti fatti di cronaca nel nostro paese e del riaffacciarsi nella società civile di posizioni contrarie ai principi antifascisti della Costituzione Italiana, è quanto mai necessario continuare l'azione di memoria e di trasmissione alle nuove generazioni. L'attualità incombe, con le nostre chiusure, i nostri campi e le nostre deportazioni. Perché il passato spesso si impasta con il presente, e dobbiamo farne tesoro per aprirci a un futuro migliore. 

Da come si racconta la Shoah può dipendere molto: altri esseri umani ci chiamano oggi, anche se il colore della pelle è diverso o le situazioni sembrano lontane da allora, la radice della violenza è, purtroppo, la medesima.

Qualche tempo fa ho conosciuto Etty Hillesum. Aveva 27 anni nel 1941. Si era laureata in giurisprudenza ad Amsterdam, dove abitava, e successivamente terminò il percorso di studi in Lingua e Letteratura Russa. Una ragazza ricca di interessi, intelligente e con una spiccata sensibilità. Lavorò presso il Consiglio ebraico come dattilografa fino al 1942 ma quando avrebbe avuto modo di fuggire e salvarsi, forte delle sue convinzioni umane e religiose, decise di restare e condividere il destino del suo popolo.
Con la sua famiglia fu mandata nel campo di transito di Westerbork e nel settembre del 1943 furono tutti internati ad Auschwitz dove lei morì nel mese di novembre, a 29 anni.

In quei tempi assurdi scrisse un diario, proprio come Anna Frank, recuperato e pubblicato soltanto nel 1981 e tradotto in Italia nel 2012 da Adelphi, come le altre poche opere che ci ha lasciato. Il testo copre i due anni della sua esistenza trascorsi sotto l'occupazione tedesca, dal 1941 al 1942. 
Leggendo i rari ma preziosi scritti di Etty, la forte luce che ancora emana la figura di questa giovane e inconsapevole scrittrice, deriva dalla sua analisi interiore, proseguita fino all'ultimo giorno di vita.
Riflessioni intime che rasentano la ricerca filosofica, quasi mistica; una spiritualità vissuta nel quotidiano, per quanto barbara e crudele fosse la realtà in cui era immersa. Una spiritualità profonda che trascende la fede ebraica in cui era nata e può essere estesa, anche oggi, a tutti i cammini di vita, di credenti e non. 

Voglio chiudere dando voce a questa splendida donna, ancora tanto attuale, le cui parole sono quotidiane riflessioni di vita, che hanno molto da insegnarci in questi tempi, dove la pace è sempre messa a rischio dall'ego e dagli interessi economici degli uomini.

«Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso, se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l'unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d'eternità che ci portiamo dentro può esser espresso in una parola come in dieci volumi. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra.» 


Purtroppo, per la brevità della sua esistenza, non rimangono molti suoi scritti. Al momento, in italiano sono stati pubblicati

Diario. Edizione integrale.
Il bene quotidiano. Breviario degli scritti (1941-1942)
Lettere. Edizione Integrale (1941-1943)
Il gelsomino e la pozzanghera.

Recuperate i suoi libri, sono certa che nutriranno il vostro animo.
Grazie, Etty.
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