Quando presenti il tuo romanzo in libreria, una delle domande che non manca mai, che viene formulata dal pubblico o da chi anima l’incontro, è sapere da dove arriva l’ispirazione per una storia.

Come ho già spiegato nella pagina dedicata ai romanzi, il nucleo è scaturito da un racconto del 2006. Voleva essere una storia breve sui contrasti fra un mondo tutto apparenza com’è quello di Hollywood, e anche il nostro senza andare troppo lontano, e la cruda realtà di un reparto di oncologia pediatrica e di come, attraverso una forte esperienza di volontariato e l’empatia che ne scaturisce, il protagonista potesse cambiare e maturare.

Non sapevo ancora a quale dei personaggi dovesse toccare la parte del medico, ma avevo una certezza: i due si conoscevano già e avevano lavorato insieme nel cinema. Dato che le idee arrivavano e il racconto prendeva sempre più spazio, ho cominciato a frequentare i miei primi corsi di scrittura creativa e a leggere molti dei testi didattici in questo campo. Ne cito uno su tutti, la mia “bibbia”: Story di Robert McKee.

Eva e Nathan, allora, si sono plasmati in ogni dettaglio: dalla loro infanzia alla vita attuale. A quel punto, ho capito che mi sarebbe piaciuto parlare di altri conflitti, di sconfitte, di rinascite, di come ogni persona provi a dare un senso, da cui proviene il titolo di ogni volume, a ciò che vive. Poiché la vita è relazione, anche per loro sono arrivati gli amici e i familiari a creare problemi, a gioire, a soffrire e riflettere con loro.

I dettagli tecnici, i coprotagonisti, le sotto-storie e trame secondarie, lasciatele costruire a chi scrive, chi legge deve solo godersi il risultato, ma niente è lasciato al caso nei romanzi. Mi sono documentata tantissimo perché il mondo della Mandala Series è grande.

L’ambientazione: fra Stati Uniti e Italia si toccano almeno quattro posti differenti; il cinema statunitense con le sue severe regole di lavoro, molto diverse dalle nostre; il grande passato della cinematografia italiana; i nativi americani e le odierne condizioni di vita nelle riserve; il welfare e i servizi sociali negli USA.

Gli argomenti più complicati sono stati i due temi principali trattati nei romanzi. Il punto di vista medico, risolto per merito di giornate di ricerca e per la disponibilità di un’amica oncologa che ha controllato tutto ciò che scrivevo riguardo ai procedimenti di donazione e trapianto del midollo, alla raccolta delle cellule staminali del cordone ombelicale a fini terapeutici, a come si svolge nei reparti pediatrici il volontariato con la clownterapia.

Ci tengo a ricordare le varie associazioni che si occupano di queste tematiche: ADMI, ADISCO, VIP Italia Onlus. Parlare di questo è stato anche un modo, quando presentavo i libri, di far conoscere alle persone che si può donare qualcosa di noi anche quando siamo perfettamente in salute.

Ho speso molti anni a scrivere il romanzo, nei miei ritagli di tempo e senza alcuna velleità di pubblicazione. Erano ancora i tempi in cui avevo un’idea romantica del mondo editoriale, che si è trasformata dopo i primi dieci invii del manoscritto. Dalle bocciature e dai pareri ricevuti, né obbligati né scontati, ho compreso che c’era bisogno di alcune aggiustature per aderire meglio alle richieste del mercato.

La storia era troppo lunga, improponibile per un esordio. Ho dovuto capire come dividere il romanzo e costruire dei finali intermedi per creare dei volumi diversi.
L’ambientazione estera. Nelle prime stesure entrambi i protagonisti erano americani e mi è stato suggerito da fonti diverse di “italianizzarlo” il più possibile. Non volendo snaturare troppo quello che avevo scritto, ho optato per un compromesso.

Con queste modifiche e ulteriori invii, Il senso interno del tempo è stato pubblicato nel 2012 con una bella accoglienza e tante richieste di un seguito. Una parte del materiale era già pronta, ma non era sufficiente per completare la storia come meritava. Ho impiegato diversi mesi per decidere chi avrebbe aiutato Eva e Nathan a raccontare la conclusione del loro amore e ho scelto la strada più difficile. Il merito va a un biscotto della fortuna, in una cena particolare con gli amici di sempre, in una serata dove si mettevano in gioco molti destini artistici. Il biglietto è sempre sul pc, davanti ai miei occhi, e recita: hai l’occasione di scegliere liberamente, mettici il coraggio.

Pur sapendo di rischiare l’impopolarità perenne nel proporre un maschio assolutamente non alfa in un libro che sconfina spesso nel romance, ho scelto di scommettere su James, fratello minore di Nathan, reso paraplegico a seguito di un incidente d’auto. Conoscevo solo in superficie quel tipo di vita, così sono ricominciate le ricerche in rete ma oltre agli ottimi siti in inglese, pieni di dettagli tecnici, avevo bisogno di sentire queste persone, di entrare nella loro testa e nella loro vita, così ho giocato d’azzardo di nuovo e mi sono iscritta a un loro forum.

Midollospaccato.forumfree.it è stato creato da un volenteroso ragazzo ed è frequentato da persone, uomini e donne, con una vita simile a quella di James. Credo di aver riletto il mio post di presentazione almeno dieci volte prima di premere invio, perché quando si entra nelle vite complicate degli altri lo si può fare solo con molto rispetto. Sono stata accolta, ascoltata, aiutata, brontolata e presa in giro quando scrivevo parti che non riflettevano la vita vera delle persone paraplegiche, ma troppo romanzata, ottimista e filtrata attraverso le mie sensazioni, quelle di una normodotata. Sono stata consigliata in maniera delicata e piena di rispetto quando ho dovuto toccare tasti difficili come l’intimità e il sesso. Sono nate delle belle conoscenze epistolari e con alcuni di loro mi tengo ancora in contatto ed è a loro che è dedicato Il senso del nostro amore.

Nella sua più recente evoluzione, la serie è approdata sulle piattaforme on line, rivista, corretta e ampliata con capitoli inediti e, per le regole di mercato, si è arricchita di nuovi volumi. Potete farvene un'idea precisa nella pagina a lei dedicata su questo blog.
Garantisco che, sebbene tocchi questi temi impegnativi, la Mandala Series è soprattutto una storia d’amore, complicata e moderna, con le sue pagine piene di luce dove si sorride leggeri davanti alle avventure dei protagonisti e si tifa nelle loro scelte e indecisioni. Come dico sempre: un libro è un lungo, solitario, percorso che arricchisce chi lo compie. Per me, questi, lo sono stati in modo profondo e spero di averlo saputo trasmettere anche a chi mi legge. Crescita personale ed emozioni diverse: solo la magia delle storie non cambia mai.

Qualche settimana fa riflettevo su quanto, negli ultimi tempi, esista una grande carenza di contenuti in campo cinematografico e letterario; una tendenza che continua a crescere. Non posso affermare di aver esaminato l’intera produzione mondiale, ovvio.

Ci sono le eccezioni – e confermo che esistono perché le trovo, per fortuna – ma penso di aver collezionato un discreto curriculum come lettrice e un buon bagaglio cinematografico, spaziando tra diversi generi d’intrattenimento. Al cinema le ultime uscite a grande budget riguardano soltanto supereroi, remake o ennesimi episodi di saghe. Una grande mancanza d’idee nuove, tra l’altro.

Amo molti di questi film dove, purtroppo, il contenuto è ormai lo stesso: cattivi contro buoni, senza mai un rischio di analisi ulteriore. Si riflette di più davanti a una produzione animata, un tempo considerata minore, che a quelle con attori in carne e ossa. Insomma, qualche anno fa perfino nell’intrattenimento commerciale si trovava contenuto narrativo senza bisogno di andarsi a cercare i film indipendenti del cinema scandinavo, sottotitolati.

Nel campo dei libri la situazione non migliora molto, narrativa letteraria o di genere che sia. Ho letto romanzi molto rinomati di autori in odore di Nobel o visto film candidati a prestigiosi premi e, dopo aver chiuso il libro o letto la parola fine sullo schermo, ho pensato: “E allora? Caro autore, cosa hai voluto trasmettere?”. Ho assistito spesso a un bellissimo esercizio di stile, letto una serie di vicende interessanti, magari anche imparato da te, scrittore super bravo, nuove tecniche e ardite sperimentazioni di scrittura, ma mi spiace: la tua storia non mi ha comunicato nulla.

Forse, per la mia formazione e per la mia età anagrafica, sbaglio io a cercare un messaggio o una riflessione che passi attraverso l’opera? Qualcosa che spieghi la sua creazione e il desiderio di raccontarla, e che non si limiti al solo intrattenimento? Non chiedo di pianificare a tavolino per veicolare contenuti, solo verificare se un messaggio implicito passa attraverso la narrazione e arriva a chi ne usufruisce, poiché quello che viene prodotto è indirizzato a un pubblico.

Oppure non c’è più voglia o desiderio per chi scrive, di raccontare quel qualcosa in più? E non che la narrativa di genere ne sia esentata con la scusa che è commerciale e che non le è richiesto: ricordo bene i densi spunti di riflessione contenuti nei libri fantasy di decenni fa o quanto la fantascienza facesse discutere sugli scenari futuristici.

Non sto parlando neanche di gusto personale, se un libro possa essere gradito o no, perché alcuni mi sono anche piaciuti. Mi riferisco proprio a ciò che la storia vuole trasmettere: che poi il messaggio possa soddisfare o no chi usufruisce del prodotto è un passo ancora successivo.

Il problema è che, troppo spesso, il contenuto è proprio assente, non pervenuto, vuoto. 


Vogliamo poi parlare di alcuni grandi successi per adolescenti – e non solo – in cui, al contrario, il contenuto esiste ma veicola una prospettiva sbagliata? E non mi riferisco a una rigida morale, ma ai valori universali scritti nella Dichiarazione dei Diritti dell’ONU.

Mi chiedo se queste scelte siano frutto di una precisa valutazione delle case editrici e di produzione cinematografiche per accontentare un pubblico che chiede solo questo tipo di storie, fatte per non rimettere i propri investimenti e andare sul sicuro. Oppure, chi scrive riflette il tempo e il modo in cui vive, per cui se non ha una ricca formazione personale non riesce a portare contenuti nemmeno dentro le sue storie?

La mia è un’opinione, ovvio, del tutto contestabile. Non pretende di analizzare opera per opera, come non ho voluto, di proposito, inserire titoli o autori di riferimento, ma solo offrire uno spunto di riflessione.
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